…no questa volta non sono rumeni sudici e puzzolenti, ma dei giovani adolescenti veronesi a massacrare a pedate un ragazzo e lasciarlo in fin di vita. Fin quando lo fanno con un barbone o un negro anche anche…però un italiano no…cazzo un italiano no.
Aspetto a gloria le dichiarazioni del sindaco TOSI.
Intanto sulla svolta a destra della gioventù italiana, vero fatto preoccupante, dovrebbero cominciare ad interrogarsi i nostri politici e soprattutto il mondo dell’associazionismo, che col suo fare un po’ radical schic ha tagliato fuori dalle realtà educative e comunitarie forse tanti giovani che invece si riconoscono in una identità in cui poter sfogare le loro paure e frustrazioni.
Sono convinto che sotto sotto non c’è niente se non mancanza di relazioni umane, poi ci sta che mi sbagli ma sono giorni che cerco di spiegarmi questa deriva destrorsa e farmi un’idea un po’ chiara, ma non ci riesco…
Resto sconvolto da quello che trovo in rete
che discorsi sono cosimo????
no un italiano no????????
sei te i leghista!!!!
da te un me l’aspettavo!!
Una riflessione…
Il tragico pestaggio di via Leoni e’ l’ennesimo campanello d’allarme. Guai a
non prestare la dovuta attenzione. Sbaglia il Sindaco Tosi a minimizzare e
limitarsi ad invocare la mano pesante della Magistratura. Quei giovani
naziskin (liceali modello figli della borghesia, o semianalfabeti figli di
manovali) con il mito della violenza fine a se stessa, sono il frutto di una
societa’ carica di violenza strutturale. Proviamo a pensare cosa sarebbe
accaduto se gli aggressori fossero stati stranieri. Si sarebbe invocata la
pena di morte. Sarebbe stato chiamato l’esercito a presidiare il territorio.
Sarebbero accorsi Calderoli e Borghezio invocando l’autodifesa padana. E le
teste rasate sarebbero immediatamente diventate il baluardo della civilta’,
i difensori dei valori cattolici contro gli islamici. Invece si scopre che
la violenza cieca viene dal ventre molle della citta’, dai suoi figli
coccolati. Probabilmente sono i figli piu’ fragili di una citta’ malata;
vittime psicologiche che diventano carnefici fisici.
*
Non sono fatti isolati. Eí un fenomeno che esiste da anni. Troppo spesso
sottovalutato, a volte addirittura tollerato o giustificato. E’ a Verona che
prende corpo la “violenza purificatrice” di Ludwig, prime metastasi di un
corpo malato. Poi, negli anni, le violenze dentro e fuori lo stadio, le
scorribande del sabato sera, le aggressioni di gruppo, i pestaggi e le
bombe, i saluti romani, i manichini impiccati, le bandiere naziste. Ogni
volta tutto viene messo a tacere come caso unico, estremisti isolati, frutti
marci. Invece, forse, si tratta della manovalanza che fa il lavoro sporco,
necessario al mantenimento dello status quo con la faccia pulita. Verona
deve imparare a guardarsi, senza nascondere il proprio lato impresentabile.
Vivere solo sullo stereotipo della “citta’ dell’amore” non serve piu’.
Occorre ammettere di essere anche una “citta’ violenta”. Violenta nei
disvalori, nella ricchezza, nell’ipocrisia. La citta’ dei due pesi e due
misure.
Solo riconoscendosi per quello che e’, nel bene e nel male, Verona potra’
ritrovare se stessa. Bisogna saper essere impietosi anche nella ricerca
della verita’ storica recente. Questa e’ una citta’ che si e’ arricchita ed
e’ cresciuta durante il fascismo, che ha fatto affari d’oro anche negli anni
bui della Repubblica di Salo’. Pochi anni dopo e’ stata pronta a fare nuovi
affari con gli americani liberatori e occupanti. Poi e’ stata una citta’ che
ha ospitato oscure trame eversive. Analizzare senza paura e senza rancore il
proprio passato aiuta spesso a scrivere un futuro migliore.
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Tocca alle agenzie educative diventare protagoniste. Alle istituzioni, alla
scuola, alle chiese, alle famiglie, anche e soprattutto ai mezzi di
informazione. Per curare la malattia bisogna creare gli anticorpi. Bisogna
valorizzare le tante realta’ positive che esistono, dare spazio alle
iniziative nonviolente, riscoprire e sostenere la Verona dell’accoglienza,
della tolleranza, dell’ospitalita’, della solidarieta’, della cultura.
Bisogna anche avere l’umilta’ di farsi aiutare. I nuovi veronesi, gli
immigrati che contribuiscono all’economia della citta’, possono immettere
fiducia, creare confronto, dare una spinta di novita’.
La nonviolenza attiva (che e’ stata ignorata, irrisa, sbeffeggiata,
ridicolizzata) e’ lo spartiacque, la pietra angolare su cui ricostruire
rapporti civili. La nonviolenza e’ l’antidoto. La nonviolenza puo’ essere la
chiave per ritrovare l’anima di Verona. Bisogna, pero’, prenderla sul serio.
Iniziamo dalla compassione per Abele, la vittima, e dal rispetto del monito
“nessuno tocchi Caino”. Per vivere in pace, bisogna saper essere
pacificatori.